Obiettivi del PTM
 
 

4_ Rigenerazione e resilienza

Il PTM non potrà esimersi dal dare una interpretazione della rigenerazione, di che cosa si intenda, del dove e come si possa applicare al territorio metropolitano.

La rigenerazione è una necessità. È indotta dalla persistenza di aree abbandonate che non trovano una soluzione cui si aggiungono dismissioni molecolari che investono le parti meno recenti del patrimonio edilizio, anche in concomitanza col rapido avvicendamento degli usi legato a una forte dinamica trasformativa del sistema economico e del mercato urbano. Si aggiunge il processo di obsolescenza dell’ampio stock immobiliare costruito nel secondo dopoguerra, oggi accelerato dalle esigenze del risparmio energetico e della sicurezza statica.

Con rigenerazione si intende un complesso insieme di azioni trasformative che non si applica solo alla città densa e alle parti dove si concentrano i fenomeni socio-spaziali del decadimento, ma si diffonde sull’intera città metropolitana interessando gran parte delle infrastrutture per la mobilità e dei sottoservizi che innervano il territorio, senza risparmiare le frange periurbane e alcuni ambienti rurali. Per questo può dirsi urbana, territoriale, e transcalare: riguarda gli edifici singoli, gli aggregati di edifici e intere parti urbane, investe lo spazio aperto di prossimità e quello che, attraverso le porosità periurbane, si congiunge con lo spazio agricolo.

Con riferimento alla incisività degli interventi, alla scala e alle relative procedure autorizzative, la legge 24/2017 opera una prima distinzione tra “qualificazione edilizia”, "ristrutturazione urbanistica", "addensamento o sostituzione urbana". Le riflessioni che si sono accumulate, in particolare da quando sono diventati palesi gli effetti estesi di ritrazione dell’urbano prodotti dalla crisi 2007-09, hanno radicalizzato l’interpretazione e portato a riconoscere un tornante nella storia urbana e urbanistica del secondo dopoguerra: la fine dei (lunghi) cicli urbani espansivi e con essi una complessiva ridefinizione dei modi di intervento. Se la riduzione del consumo di suolo rimane all’ordine del giorno e deve essere assunta come obiettivo a causa delle spinte a difendere il "residuo" degli strumenti urbanistici, la rigenerazione non è solo un’alternativa, ma una prospettiva generale, necessaria per intercettare i nuovi bisogni della società e le dinamiche di un’economia sempre più informatizzata e ‘verde’, per dare forma e organizzazione alla città contemporanea.

Il ridimensionamento del comparto edilizio di nuova costruzione, l’aumento di quello legato al recupero e, più recentemente, anche la ripresa del comparto delle costruzioni di opere pubbliche, che comprendono le attività assai diversificate di infrastrutturazione, sono primi segnali di una conversione produttiva volta a corrispondere alle nuove condizioni. È in questa direzione che occorre guardare.
Intendere la rigenerazione come la prospettiva dell’urbanistica per molti anni a venire rende necessario individuare modalità di innesco/sostegno per orientare le convenienze dei privati e l’utilizzo sapiente delle risorse pubbliche. Da questo punto di vista occorre assumere ragionevoli criteri di priorità, se non altro per accedere proficuamente ai diversi tipi di finanziamento che si rendono via via disponibili. Decidere le priorità significa individuare gli elementi di assetto di una trasformazione rigenerativa. Le ragioni ecologiche e ambientali devono costituire il punto di partenza: formazione geo-morfologica, sistema idrografico, copertura vegetale, distribuzione delle aree di "scarto" e di quelle pregiate sono operazioni di mappatura da correlare con i profili socio-demografici dei territori offrendo primi criteri di selezione.
Si delinea così un modo specifico, territoriale, per aiutare la identificazione delle "periferie" che si distribuiscono nel territorio, dove alle necessità di rigenerazione di edifici, suoli, infrastrutture al suolo e nel sottosuolo, attrezzature di servizio, solitamente corrispondono difficoltà economiche e condizioni di segregazione sociale.

 
 

Rigenerazione

la rigenerazione è una necessità per
1
la persistenza di aree abbandonate che non trovano una soluzione
2
dismissioni molecolari che investono anche parti recenti del patrimonio
3
obsolescenza dell'ampio stock immobiliare costruito nel secondo dopoguerra, accelerato dalle esigenze del risparmio energetico e della sicurezza statica
 
 

la rigenerazione è la prospettiva generale per adeguare il territorio metropolitano ai cambiamenti profondi che investono il nostro tempo con prestazioni in grado di intercettare i nuovi bisogni della società e le dinamiche di un’economia sempre più informatizzata e "verde"

 

I luoghi della rigenerazione

 
I luoghi della rigenerazione
 

La rigenerazione è concentrata e diffusa, investe differenti parti del territorio metropolitano, non solo le aree industriali dismesse, ma anche il patrimonio edilizio costruito prima dell'entrata in vigore delle leggi per la sicurezza sismica e il risparmio energetico e quello con presenza di materiali in amianto, gli spazi aperti e le infrastrutture per la mobilità.

 

Il patrimonio dove concentrare la riqualificazione energetica e sismica

 
Il patrimonio dove concentrare la riqualificazione energetica e sismica
 

Una parte consistente dello stock di edifici è stato costruito prima del 1980, ha consumi energetici molto elevati, non è adeguata alle attuali norme sismiche e richiede interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria (ascensori per popolazione che invecchia, ecc).

In generale, con resilienza ci si riferisce a specifiche forme di reazione a un deficit inaspettato e rischioso, che non può trovare soluzione se non attraverso risposte che vengono da esperienze alternative rispetto a quelle usuali. La resilienza si associa a stress e shock, ma non indica solo un banale "adattamento" a quel che già c’è, sostanzialmente una mitigazione del danno per sopravvivere, bensì anche la capacità di reagire a quel che non va assumendo un atteggiamento proattivo. Si riferisce a un preciso contesto e implica azioni multidimensionali e polidisciplinari che portano a modificare la situazione precedente.
L’irruzione della resilienza nel discorso urbanistico è stata spinta dalla crisi che investe territorio, economia, società, quindi il sapere e le pratiche che vi si applicano, crisi che ha tempi e modi di espressione mutevoli e imprevedibili, e che apre anche scenari catastrofici.

La parola è entrata circa dieci anni fa attraverso i programmi europei tesi a promuovere nuove politiche ambientali e sociali, e ha dato una connotazione alla sostenibilità, termine più ampio e inclusivo della resilienza che, a sua volta, comprende l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici. In altri termini, se si parla di resilienza si intende qualcosa di più che un insieme di politiche, ancorché integrate e coerenti per far fronte alle diverse minacce ambientali. La resilienza è un approccio capace di riconoscere i cambiamenti, le incertezze e il potenziale di novità e di sorpresa, dando una prospettiva di senso alla pianificazione che superi settorialità e specialismi.
Quattro obiettivi dell’Agenda 2030 (7.Energia pulita e accessibile, 9.Industria innovazione e infrastrutture, 11.Città e comunità sostenibili, 13.Agire per il clima) investono direttamente le politiche per le città e il territorio. Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile-ASviS e Urban@it, in un loro documento del 2017 finalizzato a costruire l’Agenda urbana per l’Italia, si sono concentrati sull’obiettivo 11, declinato come “rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”, un obiettivo di grande complessità in quanto articolato su più livelli, materiali e immateriali, e coinvolgente politiche urbane inter e trans-settoriali. Raccordando l’obiettivo 11 con quelli del Patto di Amsterdam, della Conferenza Onu Habitat III, dell’Accordo di Parigi della Cop 21, lo hanno articolato in un insieme di 18 sotto-obiettivi1. Questi rimbalzano e si intrecciano in vario modo nel dibattito urbanistico attuale a dimostrazione di quanto sia ineludibile la globalità dei temi e, d’altro canto, di quanto sia importante il loro riferimento a precisi contesti per poterne dare una traduzione operativa.

La resilienza trova nella rigenerazione il terreno adatto per attecchire, dove può esprimere la sua valenza progettuale. Se la rigenerazione indica il campo di lavoro dell’urbanistica contemporanea, la resilienza indica il modo di lavorare, ovvero un intelligente adattamento continuo e non lineare alle condizioni date, una strategia di mutazione by doing: cambiare la città cercando un nuovo assetto che vada oltre il presente, un complesso di soluzioni che trovino le loro ragioni in situ e non in una competizione giocata su un unico modello di riferimento.
Se si decide di perseguire la resilienza in urbanistica, vanno riconosciuti i profili di rischio dei territori urbani, ma anche individuati i luoghi e modi prioritari per azioni che favoriscano nuovi equilibri, con un atteggiamento che è stato opportunamente definito place oriented e people oriented . Per il PTM questo comporta una descrizione e interpretazione del cambiamento che ha investito la Città metropolitana negli ultimi due decenni (il PTCP è stato impostato all’inizio del Duemila), quindi un Quadro conoscitivo ‘orientato’, poi il riconoscimento delle diversità territoriali cui consegue una opportuna articolazione di strategie e azioni (si veda il paragrafo 7).

 

Resilienza

1
Se la rigenerazione indica il terreno di lavoro dell'urbanistica contemporanea, la resilienza indica il modo di lavorare, con azioni capaci di confrontarsi con le differenze dei territori metropolitani. Deve riferirsi ai rischi e alle potenzialità dei singoli territori per assumere dimensioni operative e implica azioni multidimensionali e polidisciplinari. Si associa a stress e shock, ma non indica solo un adattamento a quel che avviene e una mitigazione del danno per sopravvivere, bensì anche la capacità di reagire a quel che non va intraprendendo un percorso protattivo.
2
La resilenza è una strategia di mutazione by doing. Per il PTM questo comporta una preliminare descrizione e interpretazione del cambiamento che ha investito la Città metropolitana negli utlimi due decenni con una particolare attenzione ai profili di rischio e alle potenzialità
 
 

La resilienza ha diverse dimensioni (la resilienza è anche un atteggiamento mentale), ma con riferimento ai problemi ambientali comporta una serie di operazioni con evidenti implicazioni tecniche, a cominciare da quelle volte a trovare alternative alla crisi energetica e a fronteggiare i cambiamenti climatici. Al PTM compete l’individuazione di differenti tipi di insediamenti (dal punto di vista morfologico, storico, funzionale, ...) cui applicare differenti obiettivi e azioni di retrofitting (si veda ad esempio IBA Hamburg).
I Comuni hanno già predisposto piani settoriali in otteperanza alle direttive europee per l’energia sosteniibile (PAES).
Questo percorso va strutturato, integrato con quello proprio dei piani clima (come si è già fatto nel Comune di Bologna), e posto a base del PTM.

 

Patto dei Sindaci della Città metropolitana

 
Patto dei Sindaci della Città metropolitana
 

I Comuni della Città metropolitana si sono attivati per la redazione dei loro PAES mostrando sensibilità verso i temi ambientali. Tuttavia si rilevano difficoltà nell’attuazione delle azioni previste.
Il profilo emissivo metropolitano evidenzia come i settori più impattanti siano quello residenziale e dei trasporti, a cui corrispondono (secondo il primo bilancio effettuato dal Comune di Bologna per il proprio PAES) i maggiori costi di investimento per la riduzione delle loro emissioni.

 

Il profilo emissivo della Città metropolitana

 
Il profilo emissivo della Città metropolitana
 
 
 

Lo stress climatico

 
Lo stress climatico
 
 
 

Fattori di rischio

Fattori di rischio
 

Piano di adattamento climatico del Comune di Bologna individua elementi di stress climatico e fattori di rischio che potrebbero trovare conferma a livello metropolitano. In ogni caso indica un percorso di lavoro.