Contesto del Piano Territoriale Metropolitano
 
 

2_La dimensione giuridica del PTM

Come ricordato nel documento degli obiettivi, il Piano Territoriale Metropolitano (PTM) è un prodotto nuovo che si pone al crocevia tra pianificazione strategica, piani clima e piani per l'energia sostenibile, piani per la mobilità, progetti territoriali e settoriali, raccogliendo l'eredità del Piano Territoriale Di Coordinamento Provinciale (PTCP) e della pianificazione strutturale dei Comuni e loro Unioni. È uno strumento che deve assumere una propria fisionomia, accompagnandosi e integrandosi con gli altri strumenti di pianificazione della Città metropolitana già approvati o arrivati ad avanzati stadi di maturazione.
Per questa ragione, la prima attività compiuta per la redazione del Piano ha riguardato la "relazione speciale" che, nel quadro del rinnovato assetto istituzionale e pianificatorio, unisce la Città metropolitana al PTM e, al contempo, quest'ultimo alla prima. Le riflessioni giuridiche qui di seguito riportate riguardano dunque il modo in cui, alla luce del principio di competenza, si intendono definire i contenuti del PTM con riferimento ai compiti assegnati alla Città metropolitana, avuto riguardo tanto alle disposizioni legislative quanto alle previsioni dello Statuto dell'Ente.

 
 

1.

Il quadro normativo di fonte statale e regionale relativo alla Città metropolitana e al Piano Territoriale Metropolitano (PTM) restituisce nitidamente i contorni della "relazione speciale" che, nel contesto del rinnovato assetto istituzionale e pianificatorio, unisce la prima al secondo e, al contempo, il secondo alla prima.
Una relazione che si può certamente rappresentare nei predetti termini sol considerando che sia la legge 7 aprile 2014, n. 56 s.m.i. sia la legge regionale 30 luglio 2015, n. 13 s.m.i. e la legge regionale Emilia-Romagna 21 dicembre 2017, n. 24 s.m.i. concorrono a disegnare la funzione di pianificazione territoriale metropolitana in termini significativamente innovativi rispetto alla pur virtuosa esperienza del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP); una innovatività, però, che non si può cogliere e misurare solo assumendo quale relativo parametro di riferimento il pur rilevante "tasso" di cambiamento rispetto agli obiettivi, ai contenuti e agli effetti propri del paradigma legale tipico del "vecchio" PTCP, ma che si manifesta innanzitutto nella precisa opzione di politica del diritto, espressiva come tale di una scelta dalla fortissima valenza ordinamentale, di iscriverne puntualmente i caratteri strutturali e funzionali nell'alveo del "nuovo" ruolo che la Città metropolitana stessa è chiamata a svolgere nell'attuale scenario istituzionale, oltre che evidentemente territoriale e socio-economico.
Una relazione, quindi, la cui natura intimamente speciale si esprime e, per ciò solo, si rivela nella corrispondenza tendenzialmente simmetrica e, soprattutto, permeata da una dinamica di sostanziale interdipendenza tra i principali compiti assegnati complessivamente alla Città metropolitana, avuto riguardo tanto alle disposizioni legislative richiamate quanto alle previsioni del relativo Statuto, e i contenuti che dovrà conseguentemente sussumere il PTM.
Quale primario ed essenziale atto di esercizio del potere pianificatorio generale attribuito alla Città metropolitana di Bologna, infatti, il PTM si presenta come il "luogo" e il "momento" privilegiati per la territorializzazione delle politiche pubbliche di governo del territorio metropolitano.
Uno strumento, cioè, chiamato a "colorare", qualificare e, in ultima analisi, concretizzare in chiave territoriale l'azione sistemica della Città metropolitana nei molteplici ambiti materiali di attività che, in armonia con lo spirito collaborativo che ne anima i rapporti con gli altri livelli di governo, a partire evidentemente dai Comuni, l'ordinamento le impone di svolgere nel doveroso perseguimento dei relativi fini istituzionali.

 

2.

A riprova del ciò, del resto, è sufficiente richiamare le principali previsioni normative che fondano, legittimano, definiscono e declinano l'esercizio di una siffatta funzione pianificatoria.
L'articolo 1, comma 44, lettera b), della legge n. 56/2014, infatti, stabilisce che l'attività di "pianificazione territoriale generale" costituisce una funzione fondamentale delle Città metropolitana.
Una funzione fondamentale, però, i cui tratti distintivi emergono con particolare forza da tre ulteriori ordini di riferimenti normativi ivi espressamente indicati.
In primo luogo, infatti, questa funzione di pianificazione viene testualmente definita come di carattere generale e non più solo di "mero" coordinamento.
In secondo luogo, poi, si stabilisce, e con una formulazione più ampia di quella relativa al tradizionale modello pianificatorio provinciale, che il relativo ambito applicativo e, dunque, il perimetro oggettuale delle scelte da effettuarsi attraverso il PTM dovrà ricomprendere "anche" tutte le principali opzioni in materia di strutture di comunicazione, di reti di servizi e di infrastrutture appartenenti al regime competenziale della "comunità metropolitana".
Si assiste, ancora, al rafforzamento della portata precettiva dei relativi contenuti, affermandosi espressamente la possibilità per il livello pianificatorio metropolitano di introdurre "vincoli e obiettivi all'attività e all'esercizio delle funzioni dei Comuni compresi nel territorio metropolitano".
Ciò che, nell'insieme, risponde alla scelta del legislatore statale di trasformare questa tipologia di pianificazione di area vasta, fino ad oggi considerata in termini prevalentemente di coordinamento, in un piano suscettibile invece di produrre effetti maggiormente prescrittivi per tutto il territorio metropolitano, dovendo quindi declinarne più compiutamente e unitariamente i contorni.
Il che, d'altra parte, si spiega e, per ciò solo, si giustifica anche in relazione agli altri e "sistemici" compiti che la Città metropolitana è parimenti chiamata a svolgere.
In generale, infatti, la Città metropolitana, ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 della legge citata, è funzionalmente preordinata a curare lo sviluppo strategico del territorio metropolitano, promuovere e gestire in chiave integrata i servizi, le infrastrutture e le reti di comunicazione di interesse metropolitano nonché, per altro verso, curare le relazioni istituzionali afferenti al proprio livello, comprese quelle con le città e le aree metropolitane europee.
Sempre a valere quali corrispondenti funzioni fondamentali ai sensi del predetto articolo 1, comma 51, della legge n. 56/2014, inoltre, la Città metropolitana è preposta - tra l'altro - alla "adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'ente e per l'esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio", alla "strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano, alla "promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale" nonché a presiedere all'ambito materiale relativo "alla mobilità e alla viabilità" assicurando a tal fine la "coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell'ambito metropolitano".
E va da sé come, in questa prospettiva, l'esercizio di ognuna di queste funzioni fondamentali non potrà che conseguentemente rinvenire nell'esplicazione del potere pianificatorio metropolitano il proprio compimento, se non esclusivo, quanto meno obiettivamente consustanziale ai fini della relativa ed effettiva proiezione territoriale.
Già dalle previsioni normative della legge n. 56/2014, quindi, emerge il significativo rilievo ordinamentale da riconoscersi alla pianificazione territoriale metropolitana.

 

3.

Se, poi, dalla disciplina normativa statale si procede ad esaminare le previsioni di fonte regionale, come pure quelle statutarie, il quadro risulta ancora più nitido.
Oltre alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 5 della legge regionale Emilia-Romagna n. 13/2015, in particolare, è soprattutto la trama normativa delineata dalla legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017 che concorre a tratteggiare precisamente i contorni della funzione di pianificazione del territorio rimessa alla Città metropolitana di Bologna nel senso sin qui richiamato.
Alla Città metropolitana di Bologna, infatti, viene espressamente attribuito il potere di determinare per l'intero territorio di competenza, mediante la formazione di un apposito piano denominato per l'appunto "Piano Territoriale Metropolitano" e in coerenza con gli indirizzi del Piano Strategico Metropolitano (PSM), "le scelte strategiche e strutturali di assetto del territorio funzionali alla cura dello sviluppo sociale ed economico territoriale nonché alla tutela e valorizzazione ambientale dell'area metropolitana" (articolo 41, comma 1, della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Un piano, peraltro, la cui centralità e valenza "baricentrica" è ulteriormente comprovata e rafforzata anche da molteplici previsioni dello stesso Statuto della Città metropolitana di Bologna.
A tal fine, del resto, è sufficiente evidenziare quanto disposto dall'articolo 13 e, in particolare, dalla circostanza per cui le finalità, ontologicamente sistemiche, indicate ai relativi commi 1, 2 e 3 si iscrivono pienamente nei contenuti del PTM, così come a loro volta specificatamente declinati dal successivo comma 4, con l'effetto che proprio al PTM è rimesso il decisivo compito di dare a queste finalità compiutamente seguito e, per l'effetto, coerente ed effettiva consistenza territoriale.
Basti pensare, ad esempio, all'implementazione dei livelli di "resilienza della propria area nei confronti di circostanze critiche e cambiamenti che svolgono effetti negativi in relazione al territorio e all'ambiente (comma 1), al perseguimento di "politiche ambientalmente sostenibili al fine di salvaguardare i limiti di sicurezza che non devono essere superati dallo sviluppo delle attività economiche e umane" (comma 2) nonché, ancora, alla "migliore tutela e valorizzazione delle risorse ambientali, naturali e paesaggistiche, come beni primari della collettività e delle generazioni future", segnatamente in vista dell'"azzeramento del saldo del consumo di suolo" quale obiettivo da raggiungere anche attraverso la promozione di politiche rigenerative del territorio e, per ciò solo, del tessuto edilizio esistente (comma 3); e lo stesso vale anche per le politiche abitative e il turismo di cui, rispettivamente, agli articoli 15 e 16 dello Statuto.
Il che, più in generale, risponde alla necessaria e doverosa soddisfazione del principio dello "sviluppo sostenibile", da realizzarsi concretamente - in particolare - sia in riferimento alle attività economiche (articolo 14, comma 1) sia in relazione alla mobilità (articolo 17).
Accanto alle enunciazioni di principio, comunque già ex se paradigmatiche dello status che si vuole attribuire al PTM in corrispondenza con il ruolo istituzionale differenziato riconosciuto - legislativamente e statutariamente - alla Città metropolitana di Bologna quale "Federazione di Comuni", sono numerosi gli indici assolutamente e inequivocabilmente sintomatici della innovatività e della particolare vis precettiva della figura pianificatoria de qua.


3.1.
Innanzitutto, e ai fini della piena affermazione della centralità del PTM rispetto al governo delle corrispondenti dinamiche territoriali, ecosistemiche e socio-economiche, è bene richiamare la previsione secondo cui la relativa componente strategica costituisce parte integrante della pianificazione territoriale regionale, in particolare "per quanto attiene al ruolo e agli obiettivi di sviluppo strategico dell'area metropolitana".
Ciò che, per l'effetto, dovrà avvenire, ai sensi dell'articolo 41, comma 2, della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017, attraverso la formulazione di una apposita proposta da parte della Città metropolitana stessa, "prima dell'approvazione del piano, ai sensi dell'articolo 46, comma 6", a Regione Emilia-Romagna in vista della "stipula di un accordo territoriale, che sancisca la condivisione delle politiche territoriali metropolitane e la loro piena coerenza rispetto al quadro generale di assetto del territorio regionale".
In secondo luogo, poi, vanno richiamati i contenuti positivamente dati inerenti alla componente strategica del PTM, tra cui sono senz'altro da menzionare sia la costruzione di una "visione condivisa circa gli scenari generali di riferimento e la vocazione delle varie parti del territorio", in ragione dei relativi elementi distintivi, sia la definizione della "missione del territorio", da declinarsi ulteriormente mediante l'indicazione degli "obiettivi di sviluppo sostenibili delle diverse realtà locali", a partire dall'identificazione delle "principali linee di assetto e di utilizzazione del territorio e dei diversi ruoli dei centri abitati nel sistema insediativo".
Sempre in relazione ai contenuti della componente strategica, inoltre, il piano metropolitano dovrà altresì definire "le azioni a scala territoriale necessarie per incrementare la resilienza degli insediamenti e del territorio, in rapporto all'attuazione della pianificazione settoriale regionale, tenendo conto delle caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità dei sistemi naturali ed antropici del territorio", ai sensi dell'articolo 41, comma 3, lettera c), della medesima legge regionale.
In terzo luogo, e fermo restando il dimensionamento complessivo di superficie territoriale consumabile fissato nel rispetto delle regole dettate dalla legge regionale n. 24/2017, a partire dagli articoli 5, 6 e 32, non può non richiamarsi il conferimento al medesimo strumento pianificatorio del rilevante compito di provvedere altresì all'assegnazione ai singoli Comuni o alle relative Unioni "di quote differenziate della capacità edificatoria ammissibile, secondo criteri di perequazione territoriale, previa verifica della sostenibilità ambientale e territoriale degli insediamenti".
Da notare, peraltro, che a tal fine "è istituito il fondo perequativo metropolitano, nel quale confluisce una quota, comunque non superiore al cinquanta per cento, delle risorse che derivano nei comuni del territorio metropolitano dagli oneri di urbanizzazione secondaria, dal contributo straordinario e dalle monetizzazioni delle aree per dotazioni territoriali".
E proprio al PTM è altresì rimessa la regolamentazione delle modalità di gestione ed erogazione delle risorse del fondo, prevedendone la corresponsione e/o comunque l'utilizzo in armonia con i criteri che il PTM stesso dovrà specificare avuto riguardo a quelli indicati in via generale dal medesimo articolo 41, comma 5.


3.2.

Nella prospettiva data, d'altra parte, indiscutibile rilievo assumono anche le disposizioni normative relative alla componente strutturale del PTM.
Per i Comuni facenti parte del territorio metropolitano, infatti, il piano metropolitano è chiamato a dettare direttamente la disciplina delle nuove urbanizzazioni di cui all'articolo 35 della medesima legge regionale, definendo in particolare le funzioni insediative e dei servizi di area vasta, comprese quelle relative alle "principali infrastrutture strategiche metropolitane nonché i servizi per la mobilità di scala metropolitana" nonché quelle riguardanti gli ulteriori oggetti, elementi e profili indicati dall'articolo 41, comma 6, lettere a), b) e c), della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017.
È, ancora, preposto a individuare gli insediamenti che si caratterizzano per una "forte attrattività di persone e di mezzi e per il significativo impatto sull'ambiente e sul sistema insediativo e della mobilità", come ad esempio i poli funzionali, le aree produttive sovracomunali, le grandi strutture di vendita e le multisale cinematografiche di rilievo sovracomunale (articolo 41, comma 6, lettera d), della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Non solo. Vi sono, infatti, almeno altri quattro aspetti che dimostrano quanto sin qui evidenziato.
Il primo è quello relativo al fondamentale compito del PTM di definire la componente strutturale relativa alle reti ecologiche e ai servizi ecosistemici ed ambientali così come "forniti dai sistemi ambientali presenti nell'ambito territoriale di propria competenza" (articolo 41, comma 6, lettere e) e f), della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Il secondo è quello riguardante l'identificazione e la rappresentazione della "griglia degli elementi strutturali che connotano il territorio extraurbano e che costituiscono riferimento necessario per i nuovi insediamenti realizzabili al di fuori del perimetro del territorio urbanizzato" (articolo 41, comma 6, lettera g), della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Il terzo, ancora, è quello involgente l'approntamento della disciplina del territorio rurale ai sensi dell'articolo 36 della medesima legge regionale, in conformità alle previsioni del PTPR (articolo 41, comma 6, lettera h), della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Il quarto, infine, è quello relativo alla determinazione degli "specifici ambiti del territorio destinati ad assicurare la fattibilità delle opere pubbliche", così come previste dal PTM stesso; ambiti, tra l'altro, al cui interno la pianificazione urbanistica non potrà prevedere trasformazioni "incompatibili" con la corrispondente realizzazione.
E in proposito, peraltro, merita di essere sottolineato che "gli strumenti urbanistici e gli atti che prevedono la puntuale localizzazione delle opere individuate dal PTM e l'apposizione del conseguente vincolo preordinato all'esproprio comportano la cessazione dell'efficacia conformativa della zonizzazione stabilita dal piano sovracomunale, senza che ciò costituisca variante al medesimo piano" (articolo 41, comma 7, della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).

 

4.

L'ampiezza e la ricchezza dei contenuti e degli obiettivi, al pari della relativa portata strutturalmente e funzionalmente precettiva, restituiscono così l'idea che alla Città metropolitana di Bologna sia stato attribuito il compito di formare uno strumento "potente"; uno strumento, cioè, che il paradigma normativo di riferimento identifica come il motore "primo" dell'assetto e dello sviluppo territoriale metropolitano, al punto di potersene addirittura predicare un natura per certi versi ibrida ovvero, ad un tempo, territoriale e urbanistica.
Come gli altri piani territoriali, infatti, il PTM è tenuto innanzitutto a indirizzare, coordinare e orientare le scelte urbanistiche delle amministrazioni comunali, specialmente per quanto concerne la relativa componente strategica; da qui, per l'effetto, la previsione secondo cui la cartografia relativa alla dimensione strategica del PTM dovrà assumere carattere necessariamente ideogrammatico.
Come un piano dai contorni latamente urbanistici, però, è altresì chiamato a effettuare direttamente una serie di scelte territorialmente rilevanti.
Basti pensare, a riprova di ciò, a quanto si è evidenziato a proposito dei contenuti strutturali del piano metropolitano, a partire dal regime delle nuove urbanizzazioni di cui all'articolo 35, dall'articolazione dell'assetto delle reti ecologiche e dei servizi ecosistemici ed ambientali nonché, ancora, dalla disciplina del territorio rurale.
Le proposizioni legislative di fonte statale e regionale, unitamente a quelle statutarie, esprimono così una carica fortemente innovativa, rimettendo alla Città metropolitana di Bologna il compito di approvare uno strumento pianificatorio dai contorni tanto originali, nel senso di differenziati rispetto al precedente archetipo del PTCP, quanto effettivamente rispondenti alle finalità sistemiche che la Città metropolitana stessa deve e dovrà soddisfare nell'ambito del rinnovato scenario ordinamentale.
Tutto ciò, peraltro, in un quadro profondamente segnato e vivificato dalla decisa affermazione da parte del legislatore regionale del principio di competenza in forza del quale, in particolare, "ciascun strumento di pianificazione deve limitarsi a disciplinare esclusivamente le tematiche e gli oggetti che gli siano attribuiti dalla presente legge, in conformità alla legislazione statale e regionale vigente" (articolo 24, comma 1, della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017).
Un principio, cioè, sulla base del quale ogni livello istituzionale è per l'effetto chiamato a dettare la disciplina pianificatoria ad esso specificatamente imputata, presiedendo così esclusivamente alla definizione dei contenuti a ognuno di essi corrispondentemente conferiti dalla legge, fermo sempre restando il rispetto dovuto agli altri regimi delle attribuzioni normativamente dati nell'ordinamento italiano, a partire da quelli più o meno settoriali riguardanti i cc.dd. interessi differenziati e le conseguenti tutele parallele territorialmente rilevanti.
Un principio di innegabile cogenza, perciò, attraverso cui si supera definitivamente l'idea della "pianificazione gerarchica" e, in particolare, il tradizionale e datato modello rispondente al paradigma per cui l'assetto di una determinata porzione territoriale dovrebbe essere o comunque divenire la risultante delle scelte compiute attraverso l'articolazione di previsioni pianificatorie gerarchicamente ordinate che, muovendo da un impulso sovraordinato, dovrebbero progressivamente specificarsi e concretizzarsi seguendo un itinerario discendente, secondo le note immagini della pianificazione "a cascata", "a cannocchiale" o "a piramide rovesciata".
Un principio, in ogni caso, che la Città metropolitana di Bologna non potrà evidentemente che - in concreto - applicare sì nel pieno rispetto di quanto per l'appunto sancito dall'articolo 24 e, in particolare, dalle altre disposizioni della legge regionale Emilia-Romagna n. 24/2017 applicabili alla figura del PTM, ma comunque sempre in armonia con il proprio ruolo normativamente e statutariamente dato di "Federazione di Comuni" e, per ciò solo, improntando la propria azione allo spirito attivamente collaborativo che sin dalla relativa istituzione anima le relazioni istituzionali con gli altri livelli di governo, a partire certamente dai Comuni o dalle relative Unioni facenti parte del territorio metropolitano.
Il quadro normativo richiamato, di conseguenza, assegna e consegna alla Città metropolitana di Bologna il compito di formare uno strumento tanto fondamentale quanto decisivo, e proprio per questo così "potente", ai fini della definizione dell'assetto strategico e strutturale del territorio metropolitano e delle dinamiche socio-economiche ivi insistenti.
Un compito, quindi, obiettivamente sistemico che, come tale, la Città metropolitana dovrà coerentemente ispirare, permeandone necessariamente i relativi contenuti, al perseguimento dei principi più generali del contenimento del consumo di suolo, della sostenibilità territoriale e ambientale degli interventi, di equità e razionalità allocativa nonché di competitività e attrattività del sistema territoriale metropolitano, "recependo" a tal fine quali relativi architravi sia le previsioni del Piano Strategico Metropolitano, al pari di quanto indicato dalla Carta di Bologna per l'Ambiente e dall'Agenda Metropolitana per lo Sviluppo Sostenibile sia, con specifico riferimento al fondamentale ambito materiale della viabilità e della mobilità, segnatamente in relazione all'effettiva sostenibilità di ogni possibile trasformazione, comprese quelle allo stato ancora non prefigurabili, quelle dettate dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS).